Ecco dove trovarci al Play! Modena 2024

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Assalto al Ravinca Express, il nuovo capitolo delle avventure di Wyvern

Salve amici, ricompaio da mesi di intenso lavoro con una sostanziosa anteprima di Assalto al Ravinca Express, il nuovo capitolo da lungo atteso della saga dei librogame di Darkwing.

Vediamo insieme cosa ci aspetta in questo librogame e la data di lancio ufficiale.

Il viaggio all’Inferno di Wyvern tra suggestioni dantesche, allucinogeni e dieselpunk

Il finale de La Voce di Greyven ha lasciato Wyvern con un’importante questione in sospeso.

Dopo essersi avventurato nelle Terre Grigie alla ricerca della regina Ashadi, l’agente del Talashar scopre che la sua partner Canary, rapita dal Sole Oscuro nel primo volume della serie, è tenuta prigioniera su un treno dei Necrofori diretto a Vraag. Il Talashar organizza una missione di salvataggio per liberarla, senza sapere che l’assalto al Ravinca Express si trasformerà in un vero e proprio viaggio all’inferno in prima classe per Wyvern e i suoi compagni. Dopo un inizio promettente, infatti, la missione andrà – ma guarda un po’! – completamente a rotoli e Wyvern si troverà isolato in un territorio disseminato di pericoli mortali, braccato da avversari insidiosi che cercheranno di distruggerlo sia fisicamente che psicologicamente. Rimettere insieme la squadra stavolta sarà l’unico modo per riportare a casa la pelle.

E’ tempo di tornare in azione

In Assalto al Ravinca Express, Wyvern si troverà a interagire con un cast di personaggi composto sia da membri del suo ordine (i Solar), che di alleati scomodi (le Piume) che con un campionario di nemici più che mai agguerriti e pericolosi. L’alleanza con i ribelli greylander ha cambiato ogni cosa, e ormai i confini tra “buoni” e “cattivi” si sono fatti più sfumati. Se nelle precedenti avventure abbiamo visto Wyvern agire quasi sempre da solo o in tandem con un compagno, stavolta il nostro agente del Talashar dovrà coordinare i propri sforzi con quelli di un’intera squadra d’assalto in una missione ad alto rischio. La capacità di ottenere (e mantenere) il supporto dei suoi alleati da entrambi gli schieramenti sarà quindi fondamentale per contribuire al successo del suo incarico, ma questo non sarà certo l’unico aspetto di cui il giocatore dovrà preoccuparsi.

Il cast

Assalto al Ravinca Express vedrà innanzitutto il ritorno in scena di alcuni comprimari classici che abbiamo imparato a conoscere nei libri precedenti, come la Grande Maestra Selva, il wolfkahn Nightwolf e i ribelli delle Piume. Dato che stavolta saremo accompagnati da una squadra d’assalto al gran completo, conosceremo anche dei nuovi agenti del Talashar, tra cui l’elfo fatato Firefly e due guerrieri fratelli, il cupo e introverso tritone Stingray e la sirena Sea Scorpion. Il rapporto sfilacciato tra questi ultimi avrà un impatto importante sull’evoluzione della trama. Sea Scorpion infatti è dalla parte di Selva e sostiene il suo impegno per includere i greylander nei suoi sforzi pacifisti, mentre Stingray è un devoto seguace dell’Arcimaestro Fade, l’ombroso direttore delle operazioni nere del Talashar, e abbraccia posizioni ultranazionaliste e xenofobe nei confronti degli stranieri. Durante la missione entrambi cercheranno il sostegno di Wyvern, che dovrà muoversi su un terreno diplomatico accidentato; il giocatore potrà scegliere da che parte stare, oppure manipolare entrambi in modo spregiudicato per ottenere il loro supporto, col rischio però di creare sfiducia all’interno del team e conseguenze imperscrutabili a lungo termine.

Centrale sarà il rapporto con l’agente Canary, che dopo aver lasciato il segno con la sua introduzione ne La Caccia tornerà a occupare il ruolo di partner a pieno titolo di Wyvern. Canary è una radiante synchron, cioè è dotata della capacità di “sintonizzarsi” sui poteri degli altri radianti e di imitarli, il che la rende una partner perfetta per Wyvern. La capacità di sviluppare una forte connessione con lei e fare gioco di squadra contribuirà in modo decisivo al successo della missione.

Action stealth e cooperazione

Un aspetto che ci interessava molto introdurre in Assalto al Ravinca Express è quello del combattimento furtivo, una nuova modalità di battaglia a squadra che consentirà di affrontare i nemici in modalità “stealth”, ovvero con un approccio strategico, tramite diversivi ed eliminazioni a sorpresa. Per riuscire a trionfare contro preponderanti forze nemiche, Wyvern dovrà interagire in modo astuto con l’ambiente e contare sulla collaborazione dei suoi compagni. Questo coinvolgerà vari aspetti del gioco. C’è innanzitutto, come sempre, l’aspetto relazionale: Wyvern dovrà guadagnarsi la lealtà dei suoi compagni e migliorare il loro arsenale per avere maggiori possibilità di riuscita, ma questo si rivelerà una sfida in sé, dato che gli agenti con cui dovrà condurre la missione hanno personalità molto diverse e in potenziale conflitto tra loro. Inoltre dovrà sfruttare le loro abilità individuali per organizzare assalti ben coordinati.

Le relazioni con i ribelli delle Piume dipenderanno da quanto compiuto nel secondo volume, ma evolveranno anche in questo capitolo a seconda di come Wyvern deciderà di comportarsi: instaurare coi greylander un rapporto di autentica fiducia reciproca o viceversa, un’alleanza basata sui rapporti di forza e ricca di tensioni interne, avrà ripercussioni tangibili sull’aiuto che riceveremo da loro durante la missione. Decidere come gestire questo aspetto sarà tutt’altro che scontato, dato che mostrare un comportamento più favorevole o più ostile ai greylander avrà ripercussioni anche sul fronte interno, consentendo a Wyvern di discostarsi dai metodi brutali delle operazioni nere o viceversa, di avvicinarsi di più agli agenti oscuri al fine di portare alla luce la loro intera operazione, che potrebbe costituire una minaccia per l’integrità del Talashar.

Tutti questi elementi contribuiranno a calare per la prima volta Wyvern in un ruolo di leadership, ma la sua efficacia come leader dipenderà da quanto bene il lettore saprà giocare le sue carte e soprattutto dalla coerenza delle sue scelte. A volte ci si troverà a dover scegliere se mantenere un forte centro etico oppure ricorrere alla manipolazione più spregiudicata, e ogni decisione potrà produrre conseguenze sia positive che negative.

I ferri del mestiere

L’equipaggiamento rivestirà un ruolo fondamentale in questa missione. Wyvern dovrà servirsi di un arsenale più che mai ricco di attrezzature, pozioni, armi e ordigni esplosivi. Il libro presenta tre nuove espansioni per il trasporto oggetti, una serie di nuovi equipaggiamenti e due nuove mod per la pistola: il fucile da cecchino e il silenziatore. Sempre che, ovviamente, il lettore sappia guadagnarseli!

Tutto ciò che incontri vuole ucciderti…

In questo libro ho lavorato molto sull’idea di unire il concept dell’assalto al treno a sequenze surreali e allucinogene, il tutto calato in un’ambientazione cupa e opprimente. L’idea di una missione ambientata su un treno pieno di nemici era divertente da sviluppare, e offriva già di per sé un’impostazione molto dinamica. Vedremo quindi Wyvern impegnato in sequenze d’azione adrenaliniche mai sperimentate prima d’ora. Parte della trama sarà incentrata proprio sullo scoprire cos’è il Ravinca Express, cosa trasporta e chi siede alla sua guida. Il Ravinca Express non sarà però l’unico terreno di scontro su cui dovrà cimentarsi il nostro eroe/eroina.

L’ambiente sarà uno dei nostri principali nemici: Wyvern non ha mai operato in un territorio così ostile prima d’ora. Avremo lunghe sequenze ambientate in aree tossiche letali in cui il protagonista sarà vulnerabile e in costante svantaggio, il che costringerà il lettore a riflettere bene prima di affrontare un combattimento a viso aperto. Combattere, infatti, significa rischiare di danneggiare il delicato equipaggiamento che tiene Wyvern in vita; a volte tuttavia sarà necessario affrontare il confronto diretto pur di recuperare risorse preziose come ossigeno, maschere antigas e filtri. Preparatevi quindi a una missione ad alta tensione, dove i rischi saranno più elevati del solito e una decisione incauta potrà fare la differenza tra la vita e la morte. Il giocatore riuscirà a sopravvivere solo se saprà compiere scelte ragionate e gestire con attenzione le risorse a sua disposizione.

…  a volte anche gli amici!

Wyvern dovrà guardarsi non solo dai nemici, ma anche dalla possibilità che alcuni alleati gli si rivoltino contro. Il nemico, infatti, è un abile manipolatore e cercherà di spezzare la volontà del protagonista mettendolo contro i suoi compagni.

A questo punto potrei spoilerarvi l’identità del cattivo che Wyvern dovrà affrontare, ma… non lo farò. Vi basti sapere che si tratta di una vecchia conoscenza tornata a perseguitarci!

Vi rivelerò invece che buona parte dell’avventura sarà ambientata in una location completamente nuova tutta da esplorare: l’oscura necropoli di Heglan Dark, dominio del necromante Ozogoth, che abbiamo conosciuto seppur brevemente nel quarto romanzo della serie, Ai Cancelli di Vraag. Il libro vedrà inoltre la reintroduzione di villain sfuggenti come il Decano Carrionus e l’enigmatica Zanel, i cui oscuri disegni sono destinati a scontrarsi con l’operato del Talashar nel prossimo futuro.

La First Class Edition è in uscita al Play! Modena 2024

Dato che in molti hanno chiesto delucidazioni al riguardo, ci tengo innanzitutto a chiarire che Assalto al Ravinca Express non sarà un DLC come annunciato inizialmente, ma occuperà il posto di terzo libro della serie a tutti gli effetti. Durante la lavorazione il progetto è maturato in qualcosa di più completo rispetto all’idea originale e quindi abbiamo deciso di dare a questa storia il posto che meritava sullo scaffale. La durata del libro infatti supera abbondantemente quella dei suoi predecessori, attestandosi sulle 500 pagine, con un ricco corredo di illustrazioni realizzate interamente da Rita Mira, che questa volta si è occupata anche delle copertine. La data di lancio ufficiale è fissata per il Play! Modena di maggio 2024.

Il libro sarà espressamente rivolto a un pubblico maturo, data la presenza di scene e temi forti.

A livello di continuity, Assalto al Ravinca Express si colloca immediatamente dopo La Voce di Greyven e subito prima di Darkwing 4 – Ai Cancelli di Vraag.

Il libro uscirà in due edizioni: quella standard, che sarà reperibile attraverso la grande distribuzione a partire da giugno, e un’edizione speciale denominata First Class Edition che conterrà un biglietto del Ravinca Express stampato a parte. Il possesso del biglietto di prima classe consentirà l’accesso a un’area riservata del treno dove il lettore potrà recuperare nuovi potenziamenti e importante materiale di intelligence che lo avvantaggeranno nei prossimi libri. Questo volume conterrà inoltre, per chi saprà scovarla, un’easter egg con l’origine segreta del Re dei Parassiti (alias Galem), villain che sta tenendo banco nelle trame recenti della saga.

La First Class Edition sarà acquistabile presso il nostro stand in tutte le fiere a cui parteciperemo (incluse quelle successive al Play) e tramite gli ordini effettuati nel nostro temporary store, che aprirà per un periodo limitato dopo il lancio in fiera, e in seguito anche tramite gli esercizi serviti da Manicomix e Star Shop Distribuzione.

Gli aventi diritto a un buono sconto avranno la possibilità di usufruirne sia in fiera che nello shop online, sull’acquisto della sola edizione standard.

Per qualsiasi domanda o richiesta, contattateci pure attraverso i commenti, la pagina contatti del blog o unitevi alla discussione sui nostri social: il gruppo Cencini’s Books, la pagina Facebook Il Mondo di Darkwing e il nostro account Instagram @doodles_from_corown.

Che altro dire se non: tutti a bordo! Io intanto mi metto il cappello da capotreno e lancio qualche bel ciuff ciuff dalla locomotiva.

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Universo PlayX

Sabato 11 e Domenica 12 novembre (cioè domani e dopodomani) ci troverete all’evento Universo PlayX, presso il Centro Universo Silvi a Porto d’Ascoli. Non mancate!

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Ecco dove trovarci al Pescara Comics

Troverete il nostro stand nello spazio F1, subito accanto all’uscita e alla Conference Room.

Sempre a proposito di conferenze, vi segnaliamo che sabato 9 settembre alle ore 17:00 saremo in sala conferenze con Alberto Orsini, Simone Alberto Grifone e i fratelli Genchi per parlare di come Ideare Librogame Innovativi! Vi aspettiamo!

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Il crowdfunding per l’edizione spagnola de La Caccia

Si è conclusa la campagna di crowdfunding su Verkami per l’edizione spagnola di Darkwing – La Caccia.

Pubblicato in collaborazione con Suseya Ediciones, il librogame ha raccolto €6.631 arrivando quasi al 450% dell’obbiettivo iniziale!

Ora attendiamo con ansia l’uscita effettiva del libro (sperando sia solo la prima di tante) e le prime recensioni dei lettori spagnoli.

Ecco gli originali a colori realizzati da Rita Mira che al termine della campagna sono rimasti disponibili. E’ ancora possibile acquistarli in fiera o contattandoci direttamente.

Un grazie di cuore ai nostri fan, al nostro nuovo editore spagnolo e a tutti coloro che sostenendoci hanno reso possibile il raggiungimento di questo traguardo!

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Lucien reward

Ecco la prima illustrazione delle ricompense che Rita sta elaborando per il crowdfunding spagnolo di Darkwing – La Caccia: il Caposcuola Lucien. Ne realizzeremo altre nei prossimi giorni!

Here’s the first illustration from the rewards Rita is preparing for the Spanish crowdfunding of Darkwing – The Hunt: Schoolmaster Lucien. We’re going to make a few more very soon!

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Aggiornamenti su Assalto al Ravinca Express

Cari amici,

so che non mi faccio sentire da un po’, ma le cose procedono. Una settimana fa ho finito gli esami della sessione estiva e mi sono rimesso immediatamente al lavoro sul librogame. Sto facendo quanto in mio potere per cercare di portare a termine la stesura entro l’estate, al momento sono circa a pagina 215.

Vi preannuncio che probabilmente sarà un po’ più breve degli altri, ma non meno emozionante. Ci sarà una nuova squadra di agenti del Talashar con cui combattere, un aggiornamento generale dei poteri di Wyvern e una nuova mod per la pistola, segreti a non finire e nuove armi da aggiungere al vostro arsenale. La trama avrà dei forti collegamenti sia con Darkwing 4 parte prima che anticipazioni della seconda parte; rivedremo e approfondiremo vari supercattivi comparsi o solo citati nel romanzo, che finora hanno avuto un ruolo minore. In più stiamo ragionando sulla fattibilità di un’edizione speciale.

Mi spiace che questo libro abbia ritardato tanto, ma non temete, il treno alla fine arriverà in stazione!

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How AIs are putting illustrators out of business – and how we could stop it

Trovate qui la versione in italiano di questo articolo.

#Midjourney, #StableDiffusion, #NovelAI, #OpenAI… you name it. There’s a new one coming out every week.

Picture-generating algorithms are here, and they are putting at risk the entire sector of illustration and concept design for creative professionals. Social networks are overflowing with tons computer-generated pictures, and an equal amount of artists rightfully complaining, ranting or downright heartbroken about it. I should know: my wife is one of them. And I myself feel kinda worried about it.

I used the logo of the protest from Artstation to cover the AI Generated images on my Instagram home page, just to give you a general outlook of the amount of pictures overflowing the social network.

Now, this isn’t going to be a technical article – I have not the competence, nor the actual experience with AIs to talk about this phenomenon in such terms. I would rather try to analyze the potential impact of this technology on a type of business I’ve worked myself in, and rule out a few proposals of my own for potential approaches on how professionals might deal with SkyNet-with-a-paintbrush.

What is AI and why it outcompetes you as an artist

Ok, so, picture this: you’re an artist and you love making art. Maybe you consider yourself a good, accomplished artist. You’ve started drawing at a very young age, you’ve chased your dream by going through art school and you’ve spent ten, twenty or more years of your adult life studying, working hard and taking crappy jobs with impossible deadlines to perfect your skills. You’ve gone through the hassle of contacting publishers, agents and building your personal brand on social networks and conventions, all to become a recognized professional; or maybe you’re still working on it because, what artist feels like a completely accomplished professional who has nothing left to achieve or learn?

One day you sit at your working desk, you open the Internet and read an article that says that an AI will make you lose your job for sure within a few years. Why? Apparently, because someone invented a software that isn’t a tool for a drawing artist to use, but that makes a computer draw in your place, which means you are a commodity now for many companies who want to cut down their expenses. A PC draws better than you (well, until it doesn’t), a thousand times faster than you, for a thousandth of your usual fee. Also, it doesn’t complain about retakes, it doesn’t get ill, it doesn’t have kids who get ill, it doesn’t need holidays, it doesn’t divorce, and having many clients doesn’t make it skip deadlines. So, you suck in terms of being competitive. Companies should know better than hire you: they should totally hire Mr. AI.

AI can make a mess sometimes, but it’s improving really fast.

No matter how you put it, this bites. The very idea of being replaced by a heartless machine is painful to any artist, it is diminishing of all the hard work you’ve done, and it doesn’t feel fair at all.

Even more so, if you think that the AI may very well have sampled the art you’ve put online, analyzed it bit by bit, and it’s reshaping it at the push of a button to create a new image – a new image that has YOUR bits in it, but for which you won’t get paid. Because that’s what AIs do: they harvest images from the web, sample them and use the data they collect to produce new combinations – fully artificial images that look new, but are, in fact, very clever remixes of existing artwork. WITHOUT the original creators’ consent. And without adding customers to their brand, or paying them royalties.

I don’t need to tell you how damaging this current approach to AI technology can be. Companies are already creating book covers and concept art via algorithms, and artists who depend on their art for a living are subsequently losing commissions. Also, this sends the message that artists are a replaceable part of the creative process. Now think of replacing your doctor, or your favorite politician with an AI; would it still feel like playing around with a computer? How can we artists deal with such a big loss in our ability to compete? And, is AI really bad or it can be used for the good of artists, too?

AI, friend or foe? Well, that depends.

Now, I understand I may have been overdramatic with my opening so let’s tone this down a bit and face the issue as rationally as possible.

Many big innovations sometimes start as child’s play in some nerd’s garage. Apple. Windows. Napster. Human ingenuity is limitless and it has given us the most amazing technical tools which have profoundly transformed our workflows over the last decades – just think of the transition from traditional drawing to digital – and we were ok with that until those innovations were mere tools. This is different, though, and dirtier. Would it be right to talk of AI piracy here? Drawing AIs, after all, use databases containing billions of public images to produce their output. The images were included in these databases without any knowledge or consent from the original authors. Why? Because it was more convenient to do so, rather than ask permission or, even less conveniently, build up a system engineered to be supportive and fair towards artists from the getgo. Programmers knew what they wanted and they just took it.

The AI-generated illustration that won an art contest

A few months ago, I was listening to a podcast where a dear friend of mine, the professional Italian vocal artist Edoardo Stoppacciaro, was denouncing the rise of algorithms who can imitate a dubber’s voice. It was quite enlightening. Basically, he said that an AI can reproduce the voice of an actor; sometimes the results were great, sometimes terrible, but it couldn’t imitate the subtle expertise or even the tiny mistakes of a human being that make the acting feel real. His point, though, was that voice AIs were risking to put the entire category of voice actors out of business, or at least in serious distress. That really hit the spot for me.

After listening to his interview, I started thinking instead of what the positive sides of such a wondrous technology could be when used properly. It could be an aid to voice actors, I inferred. Let’s say a voice actor needs to do more roles than he has time for, or wants to take a leave; the AI could fill in for him. Meaning, the studio could rent a virtual version of you who can voice act, and pay you for it. Nice. What if the voice actor is ill, or he loses his voice? The algorithm could replace him to finish the last episode of our favorite TV series. Even when he retires, or dies, his voice could be kept on acting in new shows by the AI that sampled his data. Imagine having voices like Ferruccio Amendola or Tonino Accolla back, just to name a few fallen stars among the Italian voice actors pantheon! That would raise some profound ethical and economical matters, wouldn’t it? Would their families and fans even agree with bringing their loved ones back on stage, even if they’re not among us anymore? How should their families be paid, what rights would they have? That does remind me of dead actors brought back to life by CGI in Star Wars movies. I found it super creepy, how real it felt. Is that even right? And think of Bruce Willis, who, apparently, sold his CGI image so that he can be kept on acting after his retirement. So, this actor/computer replacement is already happening and could become common in the near future. Such usages are still only regulated by private agreements. However, more than contracts and private agreements, should there be laws that regulate the immaterial projection of an artist’s creativity, such as his/her own image, voice, or indirect artistic creation?

We’ve had such a law since 1790: it’s called Copyright Law, and we all know how it works. Creator-owned content cannot be reproduced without the author’s consent and an agreed amount of money must be corresponded to the original artist if you are, in any way, making profit out of its reproduction and sale. Problem is, the old concept of copyright is showing all its limits in the digital age, and it needs to be rethought and extended to meet machine learning technology. With digital content now being available worldwide, infinitely reproducible and even usable by AIs as base material to produce new content, who’s to say what belongs to who? This legal gap makes creator content prone to abuse.

We’ve already seen that happen with new technologies. First, there’s the stage where enthusiasm and rejection mix up, then comes the abuse, and finally regulations kick in to achieve some form of balance, but not before a lot of irreparable damage has been done. This AI thing with pictures is music and video streaming happening all over again, but this time the story could turn out much darker for the creatives, unless we’re careful and decide to act.

Remember when digital music first came out? People over thirty should. If you don’t, go watch “The Playlist” on Netflix: it’s the story of how Spotify was founded in 2006. Back then, Napster and The Pirate Bay had put the music industry to the spot. Everyone was downloading MP3s from the Internet for free. It felt like freedom, and in some way there was a form of popular justice to it, but in fact, piracy was harming workers of music companies and musicians. We had a hard time understanding it, back then; digital goods all seemed so… immaterial. The music industry was collapsing after decades of total domination from record labels, and that brought no benefit to the creators who fans professed to love. The music industry fought the phenomenon by trying to repress it, to no avail. People wanted cheap digital music and enjoyed carrying millions of songs in their pocket. They liked to get easy access to what they wanted, now that the technical means to satisfy that need were there. The industry only survived by no longer fighting the change, but adapting to it. Thus, a new distribution system was built that made music streaming more convenient than piracy. By paying a cheap monthly fee, people could listen to all of their favorite music. Why bother downloading MP3s anymore? Why spend time searching for songs, ordering music libraries, uploading them to your device a maybe get a malware or two on the road when you could have so much more, and so much more easily, just by paying a teeny tiny subscription of 10 bits a month? Everyone wins. Ok, maybe the creators weren’t quite so happy in the end because they got pathetic royalties, and that’s a problem. But in theory, the model is valid.

The same thing happened to movies and tv series on a bigger scale. Remember when it took three days to download a pirated movie from Napster or Emule? Well I’m grateful we have streaming services now, because I have all the movies I want at my fingertips, on all my devices, everywhere I go. If I want to watch a movie on my phone during my 20 minutes on the bus, I can do it.

Fatal flaws of the digital illustration sector

So we’ve done this transition with musicians and directors. Why can’t we do the same with drawing artists? Well, there are some fundamental differences this time.

All that I’ve said before comes down to a few simple facts:

1) AI as is currently conceived is NOT a distribution channel for human work, but an autonomous system meant as a replacement for human work that doesn’t take the interests of creators into account, thus causing economical and intellectual damage.

2) No effective AI trading system can be designed unless the rights of an intellectual work are both properly defined and easily and clearly traceable via widespread software standards.

3) Updating copyright laws with of a proper set of rules that regulate the economic and intellectual rights of the artists in the field of machine learning is needed.

4) The existence of strong groups of interest who can exert pressure for the application of such principles is a major factor for success in achieving balance.

Unfortunately, none of the above is easily applicable to drawing artists.

The first difference is, AIs are not meant to distribute creator content, but to acquire, rework and resell creator content via a software platform that actively replaces the role of an artist. That means creators are indirectly damaged by it; those who say that it’s a mere tool are simply failing to grasp the problem. If something, human artists are tools for training AI algorithms here! So, the first order of business to get out of this jungle would be to rethink the laws of intellectual property and give more control to the creators against the unauthorized use of their art by AIs. Creatives should be legally enabled to authorize, or at the very least they should have the ability to deny, the handling of their images by AI drawing softwares (on this matter, I suggest you read Francesca Urbinati’s intelligent proposal for a “AI-yes” enabling tag, which you can find here; although that would be far from enough, because it could easily be ignored or worked around).

In order to do that, we would need a world-adopted standard to authenticate images. We have NFT, a blockchain technology, but that really doesn’t work for many people, I won’t get into the details why. The system should be recognized by state laws. Whenever you, as an artist, release your artwork on the web, you do so under a serious legal protection. It means you can sue the ass out of anyone who abuses your work, AIs included. Craking this on a technical level is already a very difficult challenge, if not impossible.

In theory, though, that would allow both control and tracing of digital art as an intellectual property, but it would still not be enough. You can’t defeat AIs this way because they digest and rework your data to the point they become completely unrecognizable. So, we need laws that establish that AI databases can only contain authorized images, and legally ban the use of AIs who do not abide by this rule. That would lay the groundwork to build a participated system where, when a creator’s images are used by an algorithm and the result is downloaded, the creator who has registered as a supplier earns some royalties. So, a creator that used to do 10 images a month by his handiwork, can instead make 5 and keep his standard fee while the AI sells, like, 500 computer-generated images and pays him a small fee for each one. THAT would make AI interesting and not so damaging for creative artists.

Making that happen would not be easy, though. Here comes in another big difference from the previously mentioned digital media.

While the music and movie industry had very big actors in play when the XXIst century happened, the illustration industry doesn’t. Well, not really.

There are big agencies for illustrators out there, that’s true, but they may not have the power to exert sufficient political pressure to build such a complex legal structure. Besides, the rights of illustrators have never been a priority in anyone’s political agenda, because there has never been a mass pressure to recognize and enforce them. Paradoxically, it was the presence of major companies who played a key role in governing the market transition of music and video from physical to digital media. The digital market was born wild, but the big companies had enough economical and political power to shape its transformation in a way that was beneficial to them and to their customers – not so much to the creators, but still better than a lawless market headed for collapse. In the end, God forgive me for praising capitalism, having a powerful oligarchy who held the cards turned out to be a good thing for everybody. This time.

This is much less true for the illustration market. There has never been a big player so strong, a presence so authoritative to impose an universal creation and distribution standard in the world. Drawing artists have always remained a more independent and fragmented category, its members often unassociated with one another. In this kind of situation, this is a disadvantage. The wave of AIs is met by no united front to match them in strength. Thus, artists may very well lose this competition, where musicians and videomakers have sort of won the challenge of digital distribution.

How this is gonna go down, and what can we do about it

AI is happening, wether we want it or not. However, I think it’s safe to say that AI will not be allowed to go on without a rule forever. The question is when these rules will come and what form they will take. And, what role we can play in writing them.

As I said earlier, we’re still in a stage where AIs are running rampant. It will get more abusive before it gets any better. I do not think that AIs will wipe out human artists, just like TV and ebooks didn’t kill physical books, or to remain more in the topic, digital drawing didn’t kill traditional drawing. But there will be pain and adjustments to make. I’m sure many artists will see an important reduction in their work as companies and studios start turning to algorithms to produce their content for a far cheaper price. Most likely, some artists will start using AI on their own to speed up their creative process and sell the content to companies themselves, but it will take some time before law is brought to the lawless.

What can we do about it in the meantime?

The first thing is, we should NOT ignore the rise of drawing AIs. Rejection is an understandable reaction, but like the music industry taught us, denying progress does more harm than good and it’s the best way to get caught unprepared by the advancing new. Rather, we should learn how AIs work, know what they can and cannot do, so we can understand what competences we need to acquire in order to reposition ourselves as professionals in a shifting market. It is likely that the illustration market in the future will become even more competitive and demanding in terms of digital and technical skills; artists who ignore this could become marginal. Developing a personal style and brand, one that cannot be easily replicated by algorithms, and forging strong bonds of trust with clients will become even more important than how it was in the past.

Another idea is to make AI work in our favor. We could imagine artists supporting each other by building a community around an AI engine that makes an ethical use of their work. How could this business model work? First, we lay the groundwork for an AI-based social platform to which artists can register. Subscribers contribute to the platform by manually uploading their artwork to the AI’s database or tagging it so that it is registered, thus helping to build a common library made up from the contributions of free and willing participants. The artwork is then used by the users via the AI to produce images that any community member can use for its work, but every time an image is rendered and downloaded, royalties are paid to the authors of the source art as a form of passive income. Goes by itself that uploaded images can be removed at will from the database. The system remains under the control of the artists and is an ethical way of doing art business with AI. Think of how this could speed up and improve your individual work, without harming any unwilling artists.

Keep in mind that people understand the difference between an item, or a piece, that has been handcrafted by a human being for them and one that has been vomited out by a machine. The work of a machine can be beautiful and impressive, even more so than yours, but it has no original concept behind it, and thus very little immaterial value, which is the perceived value attributed by a customer to a product. This is what you see in furniture industry vs artisan and design craft. You do not see a hundred woodcrafters in a town today, but a couple of highly specialized workshops visited by selected customers who desire unique items; if you want cheap and generic stuff, you go to IKEA. Man-made work has, and always will have a special value to it, and many people still appreciate it. So artists are by no means going to disappear. But they will have to accept the challenge that has been cast and find a way to coexist with AIs until balance is found.

That doesn’t mean we should simply suffer and wait. In order to sort this out, it is indispensable to stick together and make pressure on AI creators, publishers, artist agencies and in turn, governments to regulate a matter that is starting to impact not just art but more and more sectors of creativity and entertainment. Users on Artstation and other big social networks are already on a full-scale strike against AI-generated images, and both China and the European Government (to my surprise, I admit it) are working on new regulations towards machine learning technology (although it’s still unclear if or how these regulations will involve text-to-picture AIs). Social networks can effectively replace big players by allowing artists to organize and take action, and some initiatives are already taking off; Karla Ortiz, board member of the Concept Artist Association, has started a crowdfunding campaign on Gofundme to promote a class action against AI creators that has reached over $115.000 in just three days. We still have to see how the great manufacturers of hardware and software for artists (such as Wacom, Adobe, Apple) will react when faced with a potentially severe damage to their business income due to this technology, since they could have all the interest in offering financial support to their protesting users. We need to find ways to make ourselves be heard, to make people understand that unregulated AIs hurt creators who depend on their art to make a living. Today AIs have learned to draw, but tomorrow they will make videos, music and dub media. I, as a writer, cannot sleep tight either because there are AIs who are learning to write books. So, unless we want to silently be replaced by machines, we really should DEMAND proper laws and pursue class actions, instead of repeating the same mistakes over and over! The fate of genuine art in many forms depends on it.

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Come le IA stanno mettendo gli illustratori in mezzo a una strada, e cosa possiamo fare per fermarle

You can read the English version of this article here.

#Midjourney, #StableDiffusion, #NovelAI, #OpenAI… scegliete voi. Ne esce una nuova ogni settimana.

Gli algoritmi in grado di generare immagini sono qui, e stanno mettendo a rischio l’intero settore dell’illustrazione e del concept design per i professionisti della creatività. I social network sono già inondati da tonnellate di immagini generate al computer, e da un numero paragonabile di artisti che giustamente se ne lamentano, si infuriano o che si sentono emotivamente devastati dalla situazione. Io lo so bene: mia moglie è una di loro. E pure io devo dire che mi sento abbastanza preoccupato.

Ho usato il logo della protesta di Artstation per coprire le immagini generate da IA sulla mia home di Instagram, giusto per darvi un’idea della quantità di immagini che stanno inondando il social network.

Questo non sarà un articolo tecnico, non possiedo né la competenza, né l’esperienza pratica con le IA per parlare del fenomeno in questi termini. Vorrei, piuttosto, analizzare l’impatto potenziale di questa tecnologia su un tipo di professione in cui ho lavorato molto anch’io, e avanzare qualche proposta tutta mia per dei potenziali approcci che potrebbero adottare gli artisti nei confronti di SkyNet-col-pennello.

Cos’è una IA e perché ti surclassa come artista

Allora, immagina questo: sei un artista e adori realizzare dell’arte. Magari ti consideri pure un bravo artista che ha studiato parecchio. Hai iniziato a disegnare da giovane, ti sei iscritto a una scuola d’arte per inseguire il tuo sogno e hai speso dieci, vent’anni o più della tua vita adulta a studiare, lavorare sodo e a fare lavori infami con scadenze impossibili per perfezionare le tue doti. Ti sei fatto il mazzo a contattare editori, agenti e a costruire il tuo personal brand sui social network e alle fiere, tutto per diventare un professionista riconosciuto; o magari ci stai ancora lavorando, perché quale artista si sente un professionista completo a cui non rimane niente da imparare o a cui aspirare?

Un bel giorno ti siedi alla scrivania dove lavori, apri Internet e ti capita davanti un bell’articolo che dice che perderai il lavoro entro qualche anno a causa di un’intelligenza artificiale. Perché? A quanto pare, perché qualcuno si è inventato un software che non è uno strumento fatto per essere usato da te, ma un computer che disegna al tuo posto, il che significa che adesso tu sei un lusso per molte aziende che cercano di tagliare le loro spese. Un PC disegna meglio di te (almeno finché non manda tutto a farsi friggere), mille volte più in fretta e per un millesimo della tua tariffa. Inoltre non si lamenta per le correzioni, non si ammala, non ha figli che si ammalano, non gli servono ferie, non va in crisi coniugale, e il fatto di avere molti clienti non gli fa rallentare le consegne. Perciò, adesso in termini competitivi tu sei una schifezza. Alle aziende conviene decisamente commissionare disegni al signor IA piuttosto che a te.

L’IA combina casini come questi, a volte, ma sta imparando molto in fretta.

Come la metti la metti, questa storia fa male. L’idea di venire rimpiazzato da una macchina senz’anima è dolorosa per qualunque artista, sminuisce tutto il duro lavoro che hai fatto nella tua vita ed è profondamente ingiusta.

Lo è ancora di più se pensi che l’IA probabilmente ha scansionato anche l’arte che tu stesso hai messo online, l’ha analizzata un bit alla volta, e l’ha manipolata per creare una nuova immagine; una nuova immagine che magari contiene i tuoi pixel, ma per la quale tu non riceverai il becco d’un quattrino. Perché è questo che fanno le IA: raccolgono immagini a miliardi dal web, le campionano e usano i dati che raccolgono per produrre nuove combinazioni, immagini completamente artificiali che sembrano nuove, ma sono in effetti dei rimescolamenti molto belli di disegni preesistenti. SENZA il consenso dell’autore originale. E senza aggiungere clienti al loro brand, o pagare loro delle royalties.

Non c’è bisogno che vi dica quali danni può produrre un simile approccio alla tecnologia delle IA. Molte aziende stanno già creando copertine di libri e concept art tramite questi algoritmi, e gli artisti che dipendono dalla loro arte per sbarcare il lunario perdono commissioni. Inoltre, questa pratica manda il messaggio che gli artisti sono una parte rimpiazzabile del processo creativo. Adesso provate un po’ a pensare di rimpiazzare il vostro dottore, o il vostro politico preferito con una IA: vi sembrerebbe ancora di giocare con un computer? Come facciamo noi artisti ad affrontare una simile perdita di competitività? E, l’IA è davvero un male o può essere usata anche per il beneficio degli artisti stessi?

IA, amico o nemico? Dipende.

Ora, so di essere stato un po’ melodrammatico con una simile apertura, quindi abbassiamo un po’ i toni e affrontiamo il problema nel modo più razionale possibile.

Molte grandi innovazioni a volte iniziano come un gioco nel garage di qualche nerd. Apple. Windows. Napster. L’ingegno umano è senza limiti e ci ha dato degli strumenti tecnici stupefacenti che hanno profondamente trasformato il nostro flusso di lavoro negli ultimi decenni (pensate solo alla transizione dal disegno tradizione a quello digitale) e tutto andava a meraviglia finché quelle innovazioni rimanevano dei semplici strumenti. Questa faccenda però è diversa e molto più sporca. Sarebbe corretto parlare di pirateria dell’IA? Le IA in grado di disegnare, dopotutto, si servono di database che contengono miliardi di immagini pubbliche al fine di produrre i loro output. Immagini che sono state incluse in tali database senza alcun consenso o conoscenza da parte degli autori originali. Perché? Perché a chi le ha create conveniva far così piuttosto che stare a chiedere il permesso a tutti o, ancora più scomodo, costruire un sistema progettato per essere giusto e di supporto agli artisti fin dal principio. I programmatori sapevano quello che volevano e se lo sono preso.

L’illustrazione generata da una IA che ha vinto un concorso.

Qualche mese fa, ascoltavo un podcast (che potete recuperare dal canale “Piove a cani e gatti”, lo trovate su Deezer) dove un mio caro amico, il doppiatore professionista Edoardo Stoppacciaro, denunciava l’arrivo di algoritmi che riescono a imitare la voce di un doppiatore. È stato piuttosto illuminante. In pratica diceva che un’IA può riprodurre la voce di un attore; a volte i risultati sono inascoltabili, a volte eccellenti, ma non riesce a imitare la sottile competenza o perfino quei piccoli errori di un essere umano che rendono autentica la recitazione. Il suo punto, comunque, era che le IA vocali stanno rischiando di mandare fallita, o perlomeno in seria crisi, l’intera categoria dei doppiatori. Questa cosa mi ha molto colpito.

Dopo aver ascoltato l’intervista, ho iniziato a riflettere invece su quali potrebbero essere i vantaggi di una tecnologia tanto sbalorditiva. Ho pensato che potrebbe essere di grande aiuto ai doppiatori se fosse usata correttamente. Diciamo, ad esempio, che un doppiatore si trova a non avere abbastanza tempo per svolgere più ruoli, o vuole prendersi una pausa; l’IA potrebbe sostituirlo temporaneamente. Nel senso che uno studio potrebbe affittare una versione virtuale del doppiatore in grado di recitare e pagarlo per questo. Fico. Che succede invece se l’attore è ammalato, o è giù di voce? L’algoritmo gli permetterebbe di finire l’ultimo episodio di quella serie TV che tutti aspettiamo. Perfino nel momento in cui dovesse ritirarsi, o morire, la sua voce potrebbe continuare a recitare in nuovi programmi grazie all’IA che ha campionato i suoi dati. Immaginate per un attimo di riavere voci come quelle di Ferruccio Amendola o Tonino Accolla, solo per citare alcuni dei nomi più illustri nel pantheon dei doppiatori che non ci sono più! Questo solleverebbe dei dubbi etici ed economici piuttosto profondi, credo. Le loro famiglie e i loro fan sarebbero d’accordo a riportarli in scena, anche se non sono più tra noi? In che modo le famiglie dovrebbero essere ricompensate, quali diritti avrebbero? Questo mi ricorda degli attori morti riportati in vita dalla CGI nei film di Star Wars. L’effetto è così realistico che l’ho trovato piuttosto inquietante. Possiamo definirlo tranquillamente una cosa “giusta”? Pensate ad esempio a Bruce Willis, che pare abbia venduto la sua immagine in CGI per continuare a recitare dopo il ritiro. Perciò, il rimpiazzo digitale di attori in carne e ossa si sta già verificando e potrebbe diventare pratica comune nel prossimo futuro. Tali usi sono stati finora regolati da accordi privati. Tuttavia, più che da contratti e accordi privati, dovrebbero essere regolati da leggi che definiscano i confini dell’uso di tutte le proiezioni immateriali della creatività di un artista, tali ad esempio la sua immagine, la sua voce e le sue creazioni indirette.

Una legge di questo genere esiste dal 1790: si chiama legge sul diritto d’autore, e sappiamo bene come funziona. I contenuti creati da un autore non possono essere riprodotti senza il suo consenso ed egli deve ricevere un compenso pattuito tra le parti nel momento in cui si realizza un profitto dalla riproduzione o vendita di una sua creazione artistica. Il problema è che il concetto storico del diritto d’autore mostra tutti i suoi limiti nell’era digitale, e ha bisogno di essere ripensato ed esteso per venire incontro alle questioni etiche poste dalla tecnologia del machine learning. Con il contenuto digitale ora disponibile in tutto il mondo, infinitamente riproducibile e perfino utilizzabile dalle IA come materia di base per produrre nuovo contenuto semi-originale, a chi spetta dire cosa appartiene a chi? Questo vuoto legislativo espone il contenuto creativo a forme di abuso.

Lo abbiamo già visto succedere con le nuove tecnologie. Nella fase iniziale si mescolano entusiasmo e rifiuto, poi inizia l’abuso, e infine arrivano i regolamenti che cercano di ristabilire una forma di equilibro, ma non prima che danni irreparabili siano stati arrecati. Questa storia delle IA che disegnano ricorda quanto è già successo con lo sviluppo dello streaming di musica e video, ma stavolta la storia rischia di prendere una piega davvero brutta per i creativi a meno che non decidiamo di agire.

Ricordate quando è saltata fuori la musica digitale? Quelli che hanno più di trent’anni dovrebbero. Se non siete tra di essi, vi consiglio di dare un’occhiata alla serie “The Playlist” su Netflix: è la storia di come Spotify è stata fondata nel 2006. All’epoca, Napster e The Pirate Bay avevano messo all’angolo l’industria della musica. Eravamo tutti lì a scaricare da Internet MP3 gratis come dannati. Sembrava la libertà, e in qualche modo c’era una forma di giustizia popolare in tutto ciò, ma in effetti la pirateria stava danneggiando i lavoratori delle compagnie discografiche e i musicisti stessi. Ci era difficile comprenderlo, a quel tempo; i beni digitali sembravano più immateriali. L’industria musicale stava collassando dopo decenni di dominio incontrastato delle case discografiche, e questo non portava alcun beneficio agli artisti che i fan professavano di amare. L’industria della musica cercò di contrastare il fenomeno attraverso la repressione, senza ottenere nulla. Le persone volevano musica digitale a buon mercato e gli piaceva portarsi milioni di canzoni in tasca ovunque andassero. Amavano avere accesso facile e veloce a ciò che volevano, ora che i mezzi tecnici per soddisfare questo bisogno esistevano. L’industria della musica sopravvisse solo perché decise di smettere di combattere il cambiamento e vi si adattò. Così prese forma un nuovo sistema di distribuzione che divenne più conveniente della pirateria. Pagando una piccola tariffa mensile, tutti potevano ascoltare la loro musica preferita. Perché continuare a disturbarsi a scaricare MP3? Perché perdere tempo a cercare le canzoni una a una, tenere in ordine librerie musicali, caricarle in dispositivi dalla memoria limitate e magari beccarsi qualche malware quando potevi avere molto di più, e molto più facilmente, pagando un piccolo abbonamento di 10 soldini al mese? Vincevano tutti. Ok, magari gli artisti alla fine non sono stati tanto contenti perché si sono beccati solo gli spiccioli, e questo sicuramente è un problema. Ma in teoria, il modello è valido.

La stessa cosa è successa a film e serie TV su scala più grande. Vi ricordate quando servivano tre giorni per scaricarsi un film piratato da Napster o da Emule? Beh io ringrazio che oggi abbiamo i servizi di streaming, perché ho tutti i film che posso desiderare a portata di mano, su tutti i miei dispositivi, ovunque vada. Se mi viene voglia di guardare un film sul telefono nei 20 minuti che passo sull’autobus, posso farlo.

Problemi critici nel settore dell’illustrazione digitale

Quindi, abbiamo fatto la transizione con i musicisti e i registi. Perché non riusciamo a fare lo stesso con i disegnatori? Perché ci sono delle differenze sostanziali.

Tutto ciò che ho detto prima si riduce ad alcuni semplici fatti:

1) L’IA per come è attualmente concepita NON è un canale distributivo per il lavoro umano, ma un sistema autonomo che sostituisce il lavoro umano senza prendere in considerazione i creativi stessi, a cui causa danni economici e intellettuali.

2) Nessun sistema di commercio efficace basato sull’intelligenza artificiale può essere progettato a meno che i diritti delle opere d’ingegno vengano sia definiti in modo appropriato, sia resi tracciabili in modo facile e chiaro tramite degli standard software ampiamente diffusi.

3) È indispensabile che un aggiornamento delle leggi sul diritto d’autore regoli i diritti intellettuali ed economici degli artisti nel campo del machine learning.

4) L’esistenza di forti gruppi d’interesse in grado di esercitare pressioni per l’applicazione di tali principi è un fattore chiave per raggiungere con successo un punto di equilibrio.

Sfortunatamente, nulla di tutto ciò è facilmente applicabile ai disegnatori.

La prima differenza consiste nel fatto che le IA non sono state concepite come un modo per distribuire contenuti creativi originali, ma per impossessarsi di, rielaborare e rivendere contenuti creativi attraverso una piattaforma software che fa del suo meglio per rimpiazzare gli artisti umani. Ciò significa che i creatori ne sono danneggiati; quelli che affermano che si tratta di uno strumento di lavoro semplicemente non hanno afferrato il problema. Semmai, sono gli artisti umani che vengono usati per addestrare gli algoritmi! Perciò, la prima cosa da fare per uscire da questo impiccio sarebbe ridefinire le leggi sulla proprietà intellettuale e dare maggior controllo ai creativi contro l’uso non autorizzato dei loro lavori da parte delle IA. I creativi dovrebbero poter autorizzare, o come minimo avere la facoltà di negare, la gestione delle loro immagini da parte dei software di sintesi grafica (su questo argomento vi suggerirei di leggere l’intelligente proposta dell’illustratrice Francesca Urbinati su un tag “Sì-IA” che ne abilita l’uso, che potete trovare qui; anche se probabilmente non sarebbe sufficiente, perché potrebbe essere facilmente ignorato o aggirato).

Per riuscire a fare ciò, ci servirebbe uno standard mondiale di autenticazione delle immagini. Abbiamo già gli NFT, una tecnologia blockchain, ma molti trovano che non funzionino molto bene, non mi addentrerò nei dettagli sul perché. Il sistema dovrebbe essere riconosciuto dalle leggi statali. Così ogni volta che tu artista rilasci i tuoi lavori sul web, lo fai sotto una forte protezione legale. Significa che puoi fare legalmente il culo a chiunque abusi del tuo lavoro, IA incluse. Raggiungere questo risultato dal punto di vista tecnico è già una sfida molto difficile, se non impossibile.

In teoria, però, questo permetterebbe sia il controllo che il tracciamento dell’arte digitale come proprietà intellettuale, ma ancora non basterebbe. Non possiamo sconfiggere le IA in questo modo perché sono in grado di digerire e rimaneggiare i tuoi dati al punto da renderli completamente irriconoscibili. Pertanto, quello che ci serve sono leggi che stabiliscano che i dataset delle IA possono contenere solo immagini autorizzate, e che quelle che non rispettano tali regole vadano messe al bando. Questo creerebbe i presupposti per costruire un sistema partecipato dove, quando le immagini di un creativo sono usate da un algoritmo e il risultato viene scaricato, il creativo che si è registrato come fornitore guadagna alcune royalties. Dunque, un creativo che prima realizzava 10 immagini al mese lavorando a mano, può invece farne 5 mentre l’IA ne sforna 500 e per ognuna gli paga una piccola tariffa. QUESTO renderebbe l’IA interessante e non così dannosa per gli artisti.

Rendere tutto ciò realtà però non è facile. Qui arriva un’altra grossa differenza con i media discussi in precedenza.

Mentre le industrie della musica e dei film avevano dei grossi giocatori seduti al tavolo quando il XX° secolo gli è esploso in faccia, l’industria dell’illustrazione non li ha. Beh, non proprio, diciamo.

Ci sono, in effetti, grosse agenzie di illustratori, questo è vero, ma potrebbero non avere il potere di esercitare una pressione sufficiente per costruire una struttura legale così complessa. Comunque lo sappiamo bene che i diritti degli illustratori non sono mai stati una priorità nell’agenda di nessuna forza politica, perché non è mai esistita una pressione di massa per riconoscerli e applicarli. Paradossalmente, è stata la presenza delle grandi compagnie a giocare un ruolo fondamentale nel governare la transizione del mercato della musica e dei video da fisico a digitale. Il mercato digitale è nato senza regole, ma le major disponevano di sufficiente potere economico e politico per guidare la sua trasformazione in un modo che fosse vantaggioso per loro e per i clienti – non tanto per i creativi, ma comunque meglio di un mercato senza regole destinato al collasso. Alla fine, Dio mi perdoni per essermi complimentato col capitalismo, avere una potente oligarchia che teneva in mano le carte si è rivelata una cosa buona per tutti, almeno questa volta.

Questo non è altrettanto vero per il mercato dell’illustrazione. Non c’è mai stato un singolo attore così forte, una presenza così autoritaria da imporre uno standard universale di creazione e distribuzione al mondo intero in questo settore. I disegnatori sono da sempre una categoria più indipendente e frammentata, i suoi membri spesso hanno poco o nulla a che fare gli uni con gli altri. In una situazione di questo genere, ciò costituisce uno svantaggio. L’onda delle IA non trova un fronte unito di pari forza a sfidarla. Dunque, gli artisti corrono il serio rischio di perdere questa competizione, dove musicisti e registi hanno più o meno vinto la sfida della distribuzione digitale.

Come si evolverà la faccenda e come possiamo intervenire

L’IA si affermerà, che lo vogliamo oppure no. Tuttavia, penso si possa dire con una certa sicurezza che l’IA a un certo punto verrà regolamentata. La domanda è quando queste regole arriveranno e che forma prenderanno. E, quale contributo possiamo dare noi a scriverle.

Come ho detto prima, siamo ancora nella fase in cui le IA possono fare quello che gli pare. Se ne farà un abuso più spregiudicato prima che le cose migliorino. Non penso che le IA spingeranno gli artisti umani all’estinzione totale, così come la TV e gli ebook non hanno spazzato via i libri cartacei, o per rimanere più in tema, come il disegno digitale non ha spazzato via il disegno tradizionale. Ma ci sarà da soffrire e adattarsi. Di sicuro molti artisti vedranno un’importante riduzione del loro volume di affari come conseguenza dell’uso di algoritmi di generazione immagini da parte di aziende e studi, che le sfrutteranno per tagliare i propri costi di produzione. Probabilmente, alcuni artisti inizieranno a usare in prima persona le IA per accelerare il loro processo creativo e vendere loro stessi il risultato alle aziende, ma ci vorrà tempo prima che una vera legge s’imponga.

Noi, nel frattempo, cosa possiamo fare?

Per prima cosa, NON dovremmo ignorare l’ascesa delle IA in grado di disegnare. Il rifiuto è una reazione comprensibile, ma come l’industria della musica ci ha insegnato, negare il progresso fa più male che bene ed è il modo migliore per farsi cogliere impreparati dal nuovo che avanza. Piuttosto, dovremmo imparare come funzionano le IA, capire cosa possono e non possono fare, così da comprendere a nostra volta quali competenze dobbiamo acquisire per riposizionarci come professionisti in un mercato in trasformazione. È probabile che in futuro il mercato dell’illustrazione diverrà ancora più competitivo ed esigente in termini di competenze tecniche e digitali; gli artisti pronti a ignorare tutto ciò rischiano di ritrovarsi in una posizione marginale. Sviluppare uno stile e un brand personale, uno che non possa essere facilmente riprodotto dagli algoritmi, e stringere forti legami di fiducia con i clienti diverrà perfino più importante che in passato.

Un altro approccio è far lavorare l’IA a nostro favore. Proviamo a immaginare che gli artisti riescano a supportarsi a vicenda costruendo una grande comunità attorno a un motore di intelligenza artificiale che faccia un uso etico del loro lavoro. Come potrebbe funzionare questo modello di business? Per prima cosa, gettiamo le basi di una piattaforma social basata sull’IA a cui gli artisti possano registrarsi. I sottoscrittori contribuiscono alla piattaforma caricando manualmente i loro lavori nel database dell’IA oppure li postano taggandoli in modo che vengano letti dal motore del software, contribuendo a costruire una libreria comune che contiene i contributi di tanti partecipanti che hanno dato il loro libero consenso. I loro disegni sono utilizzati dagli utenti attraverso l’IA per produrre immagini che i membri della community possono usare per il proprio lavoro, ma ogni volta che un’immagine viene renderizzata e scaricata, delle royalties vengono pagate agli autori delle immagini sorgenti come forma di introito passivo. Va da sé che le immagini possono essere rimosse in qualsiasi momento dal database dagli utenti stessi. Il sistema rimane sotto il controllo degli artisti e costituisce un modo etico di fare affari nel campo dell’arte con l’IA. Pensate a come questo sistema potrebbe velocizzare e migliorare il vostro lavoro, senza nuocere a quegli artisti che non vogliono farne parte.

Tenete a mente che le persone capiscono la differenza tra un oggetto, o un quadro, che è stato realizzato a mano da un essere umano per loro e uno che è stato vomitato fuori da una macchina. Il lavoro di una macchina può essere splendido e impressionante, probabilmente più del vostro, ma non ha alcun concetto dietro, e dunque ha un valore immateriale molto basso; quello di cui sto parlando è il valore percepito, cioè quello che viene attribuito da un consumatore a un prodotto. Potete notare questo effetto, ad esempio, quando paragonate i mobili industriali a quelli realizzati da artigiani e designer. Oggi non vediamo più cento falegnamerie in ogni città, ma un paio di laboratori altamente specializzati, visitati da una clientela selezionata che cerca oggetti unici; se cerchi una roba generica a buon mercato, vai all’IKEA. Il lavoro artigianale ha, e sempre avrà un valore molto speciale, e molte persone ancora lo apprezzano. Pertanto gli artisti di certo non scompariranno. Ma dovranno accettare la sfida che è stata lanciata e trovare dei modi di coesistere con le IA finché non verrà trovato un equilibrio.

Questo non significa che dobbiamo limitarci ad aspettare e soffrire in silenzio. Per trovare la quadra, è indispensabile lavorare insieme e fare pressioni su creatori di IA, editori, agenzie di artisti e infine sui governi per regolamentare una materia che sta iniziando a impattare non soltanto l’arte ma sempre più settori della creatività e dell’intrattenimento. Gli utenti su Artstation e altri grossi social network hanno già lanciato un’offensiva a tutto campo fatta di proteste e abbandoni contro le immagini generate da IA, e sia la Cina che il Governo Europeo (con mia grande sorpresa, lo ammetto) stanno lavorando su nuove norme per regolare le tecnologie di machine learning, sebbene non sia ancora chiaro se o come queste nuove regole coinvolgeranno il segmento delle IA in grado di generare immagini da comandi testuali. I social network possono rimpiazzare i grandi player del settore consentendo agli artisti di organizzare azioni concrete, e alcune iniziative protezionistiche stanno già decollando; ad esempio Karla Ortiz, membro del consiglio direttivo della Concept Artist Association, ha dato inizio a una campagna di crowdfunding su Gofundme per promuovere una class action contro i creatori di IA che ha già sfondato i $115.000 di contributi nel giro di appena tre giorni. C’è poi ancora da vedere come reagiranno i grandi produttori di hardware e software per artisti (come Wacom, Adobe, Apple), che rischiano di subire un grosso danno al loro volume d’affari da questa tecnologia, e che potrebbero avere tutto l’interesse a supportare finanziariamente la protesta degli artisti che usano i loro prodotti. Dobbiamo trovare dei modi per farci sentire e spiegare alle persone che le IA non regolamentate ledono i diritti dei creativi che dipendono dalla loro arte per vivere. Oggi le IA hanno imparato a disegnare, ma domani realizzeranno video, musica e doppieranno i media di cui fruiamo. Nemmeno io, come scrittore, posso dire di dormire sonni tranquilli perché ci sono intelligenze artificiali che stanno imparando a scrivere libri. Quindi, a meno che non ci piaccia l’idea di venire silenziosamente rimpiazzati da delle macchine, dobbiamo ESIGERE delle leggi adeguate e perseguire delle class action, invece di ripetere gli stessi sbagli del passato. Il destino dell’arte genuina in molte forme dipende da questo.

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Assalto al Ravinca Express – Stingray

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