Comunichiamo ai nostri lettori che la data di lancio ufficiale per i nuovi DLC di Darkwing 3 è fissata per il prossimo Lucca Comics che si terrà dall’1 al 5 novembre. I due volumi saranno resi disponibili in distribuzione sia in formato cartaceo che in ebook più o meno nello stesso periodo.
E ora, assieme alle copertine definitive, vi presentiamo alcuni brevi estratti dai due racconti in uscita! 🙂
Dal Tramonto all’Alba
Estratto #1
Dawn li contattò attraverso il loro legame telepatico.
«Ragazzi, non riesco a trattenerli!»
«È inutile, sono dappertutto! Non ce la faremo.» rispose Liam.
«Scendo a darvi una mano. Con la mia voce…»
«No! È troppo pericoloso. Vattene da qui. Torna con gli altri al punto di raccolta, per noi è finita.»
«Non se ne parla! Vado a cercare aiuto!»
«Non torneresti mai in tempo!»
Liam rivolse uno sguardo a Talia. Stavolta non cercava la sua seconda in comando, ma la ragazza che amava; quella con cui avrebbe voluto vivere, quella con cui era perfino pronto a morire. Senza nemmeno parlarsi, i due ragazzi unirono le mani. Talia serrò le palpebre e poggiò la fronte sulla spalla di Liam.
«Non puoi aiutarci. Mettiti in salvo… è un ordine.»
L’elfo sentì Dawn fare una pausa e sussultare, come se qualcosa l’avesse lasciata di stucco.
«Liam, aspetta! C’è qualcosa in arrivo dal cielo, è diretto verso di voi!»
«Dal cielo? Che cos’è?»
«È velocissimo, come una cometa! È… è un…!»
Liam perse il contatto a causa di un’improvvisa interferenza Radiant. Sentirono un gran baccano nella stanza accanto, come se qualcosa avesse sfondato il tetto. Poi si scatenò il finimondo. Avvertirono un’aura sfolgorante e rumore di lame che fendevano l’aria, colpi, cose che si rompevano, versi e gemiti di quelle creature, carne squarciata e per finire una serie di lampi di luce abbaglianti diffondersi attraverso gli interstizi della porta.
Il silenzio.
Liam e Talia si guardarono. Perfino gli abomini che stavano cercando di sfondare l’ingresso di servizio si erano dileguati.
Aprirono con cautela la porta. La bottega era zeppa di cadaveri: tagliati a pezzi, infilzati, inceneriti. L’aria era pregna di fumo, con un intenso fetore di carne bruciata e ozono. Di fronte a loro, nella penombra, si ergeva di spalle una salda figura alata in armatura, un angelo di metallo con ali d’argento dotate di vita propria.
Estratto #2
Bohrs si riempì a fondo i polmoni ed esalò l’aria dalla bocca con lentezza. Una nuvola di fiato si condensò nella fredda umidità che li avvolgeva come una pellicola. I suoi occhi erano due sfere nere dalla pupilla bianca che fissavano Gabos nella notte con intensità, come se potesse ucciderlo con uno sguardo. Il nano riusciva a sentire la forza del suo odio infiammare l’aria.
Preparò il suo spirito allo scontro. Bohrs poteva non essere un radiante, ma non intendeva sottovalutare la sua sete di vendetta, né il potere del Marchio.
Il generale sguainò la propria arma, un martello da guerra con un lato piatto e l’altro appuntito come un piccone. Il suo disegno si rivelò sorprendentemente semplice: non era altro che un blocco di ferro nero tutto incrostato di sangue.
Bohrs lanciò un gemito che riempì tutto il parco e caricò. Zolle di terra erbosa saltarono via al suo passaggio. Nulla sembrava in grado di fermarlo. Il boharrim fu capace di frantumare perfino le rocce sul suo percorso, ora che il suo corpo era entrato nello stato di furia animale. Soltanto il Marchio poteva avergli conferito una potenza di sfondamento simile.
Gabos l’attese a pie’ fermo. Si riparò dietro allo scudo e il suo Radiant si espanse attraverso il suolo, trasformandolo in un’estensione vivente della crosta terrestre. Bohrs gli si precipitò addosso, scaricando sul suo scudo un colpo di piatto che produsse un fragore assordante. Il Grande Maestro resistette, ma l’impatto quasi gli tolse il fiato. Parò il dritto successivo col proprio martello e le due armi rimasero a sfregare una contro l’altra, in perfetto equilibrio, a contendersi il trionfo.
– Aspetto questo giorno da una vita. – confessò Bohrs – Venti anni, Gabos! Un esilio lungo e terribile, in cui il mio odio per te non ha fatto che crescere. Ora finalmente mio padre e mio fratello stanno per essere vendicati.
– Purtroppo per te, hai aspettato invano. – ribatté Gabos.
Estratto #3
Sollevò la testa e sputò il lerciume che gli era finito in bocca, mentre la pioggia lo infradiciava.
– Non farti più rivedere, maledetto ubriacone! – ruggì uno dei buttafuori. Non riuscì a capire quale dei tre.
Il vagabondo si rialzò caracollando da tutte le parti, poi urlò contro la porta già chiusa:
– E chi ci torna più, in questo schifo di posto!
Un altro sbandamento lo fece cadere di nuovo faccia avanti. Il suo respiro creò delle bollicine marroni nella fanghiglia.
– Ti sei fatto male? Quegli uomini sembravano piuttosto arrabbiati. – disse una voce gentile sconosciuta.
Alzò la testa. Nel suo campo visivo annebbiato da una patina melmosa comparve la figura di un aviano di piccola statura appollaiato in perfetto equilibrio su uno dei pali della staccionata che circondava la locanda. L’aveva già visto tra i clienti, o perlomeno così gli sembrava.
– Che vuoi tu?
Il colibrì sollevò il cappello. Lo fissò con quei penetranti occhietti neri mentre si rialzava e cercava di scrollarsi via il fango di dosso. Si lisciò uno di quei sottili, ridicoli baffetti filiformi che gli spuntavano dai lati del lunghissimo becco.
– Ho visto quello che hai fatto, il modo in cui ti muovevi. Sei un radiante dell’Aria.
– E allora?
– Qual è il tuo nome?
– Perché vuoi saperlo?
– Si chiama presentazione. Il mio è Alastor, ma molti mi chiamano Karachi. Sono come te.
– Sì? Beh, tanto piacere. Ma non sei come me.
L’uomo fece segno a quel seccante nanerottolo di togliersi di torno. Iniziò a camminare in direzione della campagna, ignorandolo.
– Dunque, chi pensi di essere tu? – insistette questi. Lui si voltò e rispose ad alta voce:
– Io non sono nessuno, solo un nomade senzatetto che se ne va dove lo porta il vento.
Solo in quel momento si accorse che l’aviano era sparito.
Ma… dov’è andato a finire?
Scosse le spalle e riprese a camminare, ma si fermò subito con un sussulto. In qualche modo il suo interlocutore si era materializzato più avanti lungo la staccionata, proprio davanti a lui.
– Bene, allora finché non vorrai rivelarmi il tuo nome, ti chiamerò Nomad.
Terrore dagli Abissi
Estratto #1
Squigg scese le scale che portavano sottocoperta, raggiungendo gli alloggi dell’equipaggio. Lì il rumore della burrasca si attenuava, anche se il rollio della nave rimaneva altrettanto pronunciato. S’inoltrò fino alla cabina più in basso, vicino alla stiva, dove avevano confinato il giovane guerriero inviatogli a supporto dal Sole Oscuro. La sua aura minacciosa e l’abominevole natura del suo legame col dio delle profondità innervosivano l’intera ciurma, avevano dovuto tenerlo separato per evitare disordini.
Bussò alla porta ed entrò. L’alloggio era simile a un pozzo buio, con appena un paio di candele consumate a gettare luce sulla figura seduta che dava le spalle all’ingresso. I riflessi del fuoco giocavano sul metallo nero del bracciale di armatura che ricopriva tutto il suo braccio sinistro. Impossibile non notare le bande mistiche colme di iscrizioni brillanti in arkan che lo tenevano sigillato, così come il fatto che quel braccio fosse leggermente più massiccio del destro, che invece era del tutto scoperto. La pelle aveva un colorito grigiastro, malsano. Oltre le spalle, un ciuffo disordinato di capelli bluastri spuntava dalla testa curvata in avanti.
– Siamo vicini, Dryden.
Senza voltarsi, il ragazzo infilò un casco, che si chiuse dietro la nuca con uno scatto meccanico.
Si alzò.
– Siamo già in vista della costa di Stervia?
– Lo saremo presto.
Fissò per un attimo il suo braccio coperto di armatura, contraendo le dita artigliate.
– Bene. Il dio del mare è impaziente di scatenarsi, e io ancora più di lui.
In quel momento una vibrazione proveniente dagli abissi attraversò tutto lo scafo, gelando il sangue nelle vene dell’ufficiale.
– Fai attenzione a manovrare quella cosa, non è mica un pesciolino! – lo ammonì Squigg, puntandogli contro un tentacolo come fosse un dito.
– Certo che no, e i Solar se ne accorgeranno presto. Vedranno le loro navi affondare, il loro porto cadere e il loro monastero bruciare. E io me ne starò a guardare mentre il dio degli abissi li divora uno per uno.
Squigg sollevò leggermente il cappellaccio sulla fronte con una delle sue appendici.
– Certo che li odi proprio. Per te non è solo un incarico, sembra una questione personale.
Dryden si avvicinò e lo guardò con calma flemmatica, gli occhi scuri a malapena visibili attraverso le strette fessure sulla visiera dell’elmo, modellato per dargli l’aspetto di un mostro marino. Poi la sua mano corazzata scattò con la rapidità di un fulmine, afferrando i tentacoli che circondavano la bocca del suo interlocutore.
– C-chiedevo soltanto! – si giustificò Squigg, assumendo un colorito giallo zafferano a macchie violette. Quel braccio aveva una forza mostruosa, disumana.
– I Solar mi hanno portato via la mia famiglia, tutti quelli che amavo. Ora io porterò via ogni cosa a loro. – ringhiò Dryden.
Estratto #2
Maris iniziò a singhiozzare; ormai la sua facciata di calma e autocontrollo era crollata, restava solo una ragazzina ferita, straziata nell’anima. Renard s’inginocchiò e le mise le mani sulle spalle; dopo un momento di stupore, Maris si lasciò andare e scoppiò in un pianto dirotto sul suo petto.
– Ero così spaventata. – gemette – Laggiù ci hanno fatto del male, ci hanno fatto cose orribili. Uccidevano chiunque, per loro non eravamo niente! Io non volevo… ma alla fine sono diventata come loro, sono un mostro!
Il cigno guerriero la circondò con le sue ali.
– Va tutto bene. È tutto nel passato, adesso.
– Non ditelo a nessuno! Per favore, non ditelo a nessuno. Specialmente a Samir. – sospirò Maris.
Renard l’allontanò dalla sua spalla. Maris sentiva tutto il viso gonfio di pianto, le labbra sbavate di saliva e il naso umidiccio. Si vergognò solo a immaginare quanto dovesse sembrare disperata e patetica in quel momento, ma la sua faccia non era che l’immagine esatta di come si sentiva dentro. Il Maestro la guardò dritta negli occhi, poi asciugò le sue lacrime con le dita, una guancia alla volta, con una gentilezza che la lasciò indifesa. Solo suo padre Dente d’Orso aveva saputo consolarla in quel modo prima di allora.
– Eri consapevole del tuo Radiant da molto prima di venire qui. Forse lo sei sempre stata, fin da quando vivevi nella tua tribù, e ne avevi paura, perché eri la sola a intuire quanto fosse vasto e pericoloso il tuo potere. So che ora lo temi, ma col tempo imparerai a controllarlo. Io te lo insegnerò. Tu non sei un mostro… sei una predestinata, Maris.
– Predestinata a cosa?! – esclamò – Non sono niente! Non ho nulla da proteggere, nulla per cui vivere. Sono una minaccia per tutti. Kithera ha ragione su di me, sono qui solo perché non ho alternative. Samir desidera diventare un Solar più di ogni altra cosa… io l’ho seguito solo perché ormai è l’unica famiglia che mi resta!
– Ti sbagli. I Solar sono una famiglia. Puoi farne parte, se lo vuoi. Noi ci proteggiamo a vicenda, proteggiamo tutti coloro che hanno bisogno del nostro aiuto. Il tuo potere al servizio di un bene superiore può fare cose incredibili. Puoi impedire che ad altri succeda quello che è successo a voi. Non devi temerlo, ma abbracciarlo. Solo allora le acque in tempesta dentro di te si calmeranno.
Maris si stropicciò il viso. Non credeva che qualcuno come Renard… uno straniero, un individuo che non apparteneva nemmeno alla sua specie, potesse capirla.
Sollevò lo sguardo verso il cielo, dove le prime stelle brillavano nella volta celeste. Sua nonna Chioma di Neve diceva sempre che le stelle erano i loro antenati che proteggevano la tribù, cantando canzoni di luce per scacciare gli spiriti maligni. Osservarle le fece tornare in mente sua madre, Occhi Silenziosi. Lei era cieca e non poteva vedere le stelle che brillavano, perciò quando voleva sapere se il cielo notturno era sereno, chiedeva: “Le stelle cantano, stanotte?”. Così, quando le stelle cantavano, guardarle la faceva sentire protetta. Un giorno Samir aveva preso quel ricordo e ne aveva fatto qualcosa di bellissimo, qualcosa che avrebbe portato per sempre con sé.
I Solar sono una famiglia. I Solar proteggono, si ripeté Maris. Come le stelle. In quel momento sentì qualcosa dentro di lei cambiare, come se fosse giunta al crocevia della sua vita.
– Quando mi hanno presa ero poco più che una bambina, non sapevo niente del mondo. Non ho potuto proteggere la mia tribù. La mia famiglia. Ero come una foglia trascinata da un’onda gigantesca, ero perduta.
Si alzò in piedi, appoggiandosi alle mani di Renard. Rivolse di nuovo il viso al cospetto dei suoi antenati.
– Ora ho di nuovo una famiglia. E posso proteggerla. La prossima volta, non lascerò che l’onda mi travolga.
Si girò verso il suo Maestro, che la fissava pieno di orgoglio.
– La prossima volta, io sarò pronta.