Nella lunga teoria di notizie orribili che passano quotidianamente nei telegiornali, oggi ne ho appresa una che mi ha scioccato al punto che mi sono sentito in dovere di scrivere questo articolo, dato che il fanatismo religioso è uno dei temi principali dei miei libri.
Londra: due uomini, inneggiando ad Allah, hanno aggredito a coltellate per strada un soldato e lo hanno decapitato con un machete. Qui il link all’articolo su Rai News. Che, per inciso, mi fa già un po’ ribrezzo di suo, per l’ipocrisia di scrivere “ecco un fotogramma del video con il presunto aggressore” nella didascalia di questa eloquente immagine.
Immaginate di camminare per strada, oggi, nel 2013, non nel Medioevo, e di vedere un uomo fatto a pezzi davanti ai vostri occhi, in una scena di un’atrocità degna del Trono di Spade. E che poi l’assassino, chiedendo ai passanti di essere ripreso, si metta addirittura a parlare davanti alla telecamera, col machete ancora in mano e le mani grondanti di sangue, dichiarando: “Nel nome del grande Allah, non smetteremo di combattervi. Mi scuso con le donne che hanno dovuto assistere a questo oggi, ma nella nostra terra le donne devono vedere le stesse cose. Voi non sarete mai al sicuro. Liberatevi del vostro governo, a loro non importa di voi.”. Nel video trasmesso da La7 si vede addirittura una signora anziana che passa vicino all’assassino come se niente fosse. Non so cosa quest’uomo abbia visto, ma sono sicuro che decapitare quel poveraccio non cambierà il passato.
Naturalmente, qui la religione islamica non c’entra niente. C’è solo l’assenza di valori umani di certe persone, che sono portate a credere di poter giustificare la violenza più feroce con il principio del contrappasso. Citavo prima il Trono di Spade perché è la miglior testimonianza che mi sia capitata in un romanzo del fatto che questo era proprio il modo di ragionare in vigore nel Medioevo: tu mi fai un torto a casa mia? E io ammazzo qualcuno delle tue parti per compensazione, così due ingiustizie equivalgono a giustizia. Un Medioevo che ci piace immaginare lontano, ma che oggi sembra dietro l’angolo.
Uno di solito cerca di ignorare questi fatti, di andare avanti con la propria vita come se niente fosse. Dopotutto le violenze accadono tutti i giorni. Alla fine ti abitui a sentire che 50 persone sono saltate in aria in un attentato in Pakistan o che un missile americano ha centrato un asilo, ti dici che non puoi farci un bel niente, le persone diventano numeri. Per non starci male, cerchi di non farti coinvolgere dalle sofferenze degli sconosciuti. E di solito funziona.
Ebbene, scusate, ma dopo aver visto questa notizia io non ce l’ho fatta a rimettermi a lavorare come se niente fosse. Non mi sarei sentito una persona normale, come non mi ci sento ogni volta che vedo gente massacrata per strada di qualunque paese o etnia e mi tocca far finta di niente. Ho sentito il bisogno di alzarmi e di dire ad alta voce, “Ma in che razza di mondo viviamo?!”.
Come scrittore fantasy, mi capita di dover descrivere scene di violenza o atrocità di vario genere, ma nel mio lavoro questo ha uno scopo: uno, è funzionale alla storia, due, si suppone che mostrare certe cose susciti una salutare reazione avversa nel lettore. Almeno, nel descrivere la violenza ho sempre sperato di ottenere questo scopo, non di magnificarla. Un matto con le mani insanguinate che va in televisione a dire che ha fatto bene mi da’ il vomito e mi fa passare qualsiasi voglia di fare la stessa cosa a un altro essere umano. Ingenuamente, penso che chiunque reagirebbe nello stesso modo.
E invece, ecco poi che devo sentire anche del razzismo di ritorno, della gente arrabbiata e sconvolta che se la va a prendere con degli immigrati che non c’entrano niente solo perché sono della stessa nazionalità o hanno lo stesso colore della pelle di chi ha commesso il delitto. E allora penso che il Medioevo non è dietro l’angolo, ci siamo ancora dentro. L’assurda sensazione di avere più senso della realtà quando scrivo che non quando assisto a certi fatti realmente accaduti mi accompagna, oggi più che mai. Almeno, nel testo posso dare un senso alla violenza; al telegiornale, non ne ha proprio nessuno.